Non fare nulla di speciale + 4 pratiche informali

La Mindfulness – la meditazione in generale – è un processo che ci chiede di comportarci in modo controintuitivo: ci chiede di non fare nulla!
Grazie ad una mole impressionante di studi scientifici, sappiamo ormai quanto la pratica della meditazione possa fare bene. A corpo, mente ed emozioni.
Ci aiuta a riequilibrare alcune funzioni cardine del nostro corpo (la pressione, gli stati infiammatori e il sistema immunitario, per esempio), fino ad essere di beneficio per la longevità del nostro sistema; ci insegna ad essere concentrati e focalizzati, con una buona ricaduta sulla memoria e sulla nostra capacità di prendere decisioni migliori. Ci regala equilibrio emotivo, venendo in soccorso quando attraversiamo gli inevitabili momenti difficili della vita. Tutto questo attraverso un “metodo” molto semplice, perfino banale!

Sedersi, e basta. Sedersi e osservare il panorama interiore – ovvero tutto quello che accade dentro di noi – può sembrare facile, ma chiunque ci abbia provato (io per prima!) si è reso conto che non lo è per niente. Siamo così abituati a lavorare per uno scopo preciso, così allenati a partire per arrivare, che quando ci sediamo in meditazione con il solo proposito di rinunciare a ottenere alcunché, dato che ci sediamo per osservare e per ritornare al momento presente quando scopriamo che ce ne siamo allontanati, quando realizziamo che è questa la pratica… spesso ci sentiamo tutt’altro che sereni.

Ricordo il mio primo ritiro silenzioso e la fatica di rimanere lì, in quella stanza, su quel cuscino! Il corpo si ribella, la mente si annoia o è irritata; le emozioni sgorgano da non so dove, come se certi episodi della vita fossero appena accaduti. Si diventa vulnerabili, a fare meditazione, ma allo stesso tempo si scoprono tesori sepolti dentro di noi, di una bellezza commovente.
Fare pratica significa dunque decidere che rimarremo lì, su quel cuscino, anche se non è sempre piacevole, anche se il corpo fa male o se tutto quello che vorremmo è dormire.

Una pratica informale
Ma la Mindfulness, il nostro allenamento all’osservazione attenta e curiosa di quello che accade mentre siamo seduti sul cuscino, prevede anche una pratica informale.
Del resto, essere “mindful” significa essere consapevoli, e questo si può fare anche nei momenti in cui non siamo seduti a gambe incrociate. Possiamo essere mindful sempre durante la giornata e anzi, chi fa il corso di Mindfulness sa che portare attenzione a ciò che facciamo abitualmente, rendersi conto dei nostri processi anche quando non siamo seduti sul cuscino, è uno dei compiti che viene richiesto.
In questo modo, tutta la vita diventa un laboratorio di Mindfulness, dove noi possiamo sperimentare la nostra presenza e allenarci a renderla più precisa e più accogliente.

Per fare qualche esempio, ecco una lista di momenti/occasioni in cui praticare Mindfulness in modo informale:

  • Mentre si cammina –  in realtà, la pratica della meditazione camminata è una pratica ritenuta formale. Quando si fa un ritiro (o un corso di Mindfulness) si alternano i momenti di seduta con quelli di camminata. La camminata formale è lenta e profonda e merita un discorso a parte. Qui vi vorrei invitare invece a trasformare il camminare da un posto ad un altro (dalla cucina al bagno, dalla scrivania alla stampante, da un corridoio del supermercato ad un altro) in un momento di presenza. Sentire il vostro incedere, lo spostamento del peso del corpo, le sensazioni di contatto dei vestiti mentre vi muovete, le diverse temperature dell’ambiente attorno a voi, gli odori e i suoni che vi colpiscono mentre navigate nello spazio.
    E naturalmente anche i pensieri che emergono da questa esperienza: senso di curiosità, incertezza, fretta, impazienza o agio. Tutto può essere oggetto del nostro essere consapevoli.

 

  • Mentre si mangia. Anche questa “pratica” è oggetto di interessanti approfondimenti: praticare il mangiare consapevole – o Mindful Eating – è di fatto un modo molto utile e interessante di osservare noi stessi alle prese con una delle attività più importanti e significative che facciamo ogni giorno. A cominciare dalla spesa (come fate la spesa voi: In fretta? Comprando solo le cose che vi servono? Facendo scorte? Perdendovi tra gli scaffali?) attraverso il momento della preparazione del cibo, fino a quello in cui ci sediamo a mangiare, per terminare con il riordino.
    Mangiare è un atto sociale, politico, psicologico ed emotivo. È tante cose, oltre all’atto del nutrirsi, perché è carico di significati che ci sfuggono o che intuiamo, anche solo un po’.
    E poi, come mangiamo? In fretta? Mentre rispondiamo ad un whatsapp? Con un occhio alla tv o cercando di rispondere alle domande di figli e partner? Preoccupati di quello che dobbiamo fare dopo? Insomma, il momento dei pasti è uno dei momenti più interessanti di esercizio dell’attenzione, al di fuori della pratica formale.

 

  • Mentre si parla o si ascolta. Anche in questo caso il campo di attenzione è vasto e pieno di sfumature interessanti. Come ci predisponiamo quando incontriamo qualcuno e iniziamo una conversazione? Spesso ci accade che quando stiamo conversando, anticipiamo i discorsi dell’altra persona con una risposta. Cerchiamo di “risolvere” i problemi che l’altro ci comunica, o ascoltiamo solo per poter portare la conversazione a nostro vantaggio. A volte non ascoltiamo neppure… e quando parliamo, come scegliamo le parole? Quanto crediamo di avere “ragione” e che quello che diciamo sia “vero”?. Possiamo provare anche in questi momenti a osservare il nostro atteggiamento (anche il corpo parla, quando parliamo) e il nostro stato d’animo. Osservando come ci sentiamo quando parliamo di un certo argomento o come cambia la nostra esperienza quando parliamo di un argomento con certe persone.
    La capacità di ascolto – di noi stessi e delle persone che ci circondano – è uno dei regali più belli della Mindfulness. Riuscire ad accogliere veramente quello che viene comunicato, comprenderlo con il cuore, è un dono che possiamo fare a noi stessi e a chi amiamo.

 

  • Durante i compiti quotidiani casalinghi. Mentre laviamo i piatti, facciamo la doccia, scendiamo le scale, apriamo la porta di casa o guidiamo la macchina. Più ci si ferma a osservare le molte cose che facciamo in un giorno, più ci si rende conto di quanti gesti, parole e comportamenti sfuggano alla nostra attenzione. Moltissimi dei compiti che portiamo a termine ogni giorno vengono compiuti in modo automatico (ah! il pilota automatico!). Questo da un lato ci permette il mito del multitasking – quello strano senso di compiacimento che ci accompagna quando riusciamo a rispondere al telefono mentre scriviamo una mail mentre spolveriamo la scrivania – dall’altro ci impedisce di godere di quello che viviamo. E così il 90% della nostra vita passa senza che noi ce ne accorgiamo.
    Allenarci a riprendere in mano ciò che siamo può passare anche per le piccole cose che facciamo ogni giorno, che secondo me non sono banali, neppure quelle più noiose, mai.

“Quando guarda il telegiornale, Rina studia le persone sullo sfondo. La donna che entra in un negozio, la giovane coppia che si tiene per mano. Le piace sapere cosa fanno le persone quando non piangono davanti al Muro a Gerusalemme, o muoiono di fame, o semplicemente muoiono; sembra che si siano messi in testa di fare quello e soltanto quello, di continuo. È importante che la donna continui a entrare in quel negozio, che il verduriere esponga un nuovo cartello con la scritta PORI PRAZZIMOLO AVACADO quando si vede un politico che dà un calcio in faccia a un’immagine di Rushdie mentre i suoi seguaci ridono e applaudono.
Rina pensa a quegli infiniti dibattiti sull’uomo comune come eroe tragico e ritiene che in effetti l’uomo comune non deve per niente essere un eroe, né tragico né altro. Lui deve esporre una nuova lista di verdure, lei deve cucinare un daal delizioso ed entrambi illuminano un angolino di mondo e quindi non sono più ordinari, se mai lo sono stati “  Eunice De Souza, Dangerlok

Compito: scegliete una cosa cui portare attenzione, cura e amore, da fare ogni giorno. Una diversa dal lunedì alla domenica. Che sia gonfiare la ruota della bicicletta, portare l’immondizia nel cassonetto, innaffiare i vasi sul balcone o lavarsi i denti: fate come se lo faceste per la prima volta… o per l’ultima. Che effetto fa?

2 thoughts on “Non fare nulla di speciale + 4 pratiche informali

  • ottimo scritto. . .
    con parole semplice ed adeguate riesci a far comprendere questa pratica così autorevole, ed efficace.
    Rende sinergici atteggiamenti e disciplina, in modo così gioioso e filosofico
    Sei adorabile cara Elisa. . grande anima ????????????

    • Elisa Quietroom

      31 Agosto 2017 at 16:42

      ciao cara Lorella, e grazie del tuo commento molto amorevole! sono contenta che leggi il blog e che ci scambiamo idee (e fiori) anche così! È un bel regalo!
      😉

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