Ho l’impressione che tutte le strategie del mondo per regolare, controllare, conoscere e analizzare quello che sarà, siano molto utili, certo, ma non risolutive. Con questo non voglio dire che non servano a niente la scienza, la tecnologia, la logica, e tutte le discipline teoriche o applicate che ci servono per regolare e facilitare la nostra vita. Ma credo che alla fine non ci portino veramente là dove ci sentiamo felici. Spesso siamo portati ad assegnare categorie assolute: questo è giusto, questo no, questo serve, quest’altro è da buttare. E se invece la verità (e la “felicità”) si trovasse in una via di mezzo? Ogni volta che mi capita di menzionare la cosiddetta “via di mezzo” durante i miei corsi, vedo facce perplesse e dubbiose intorno a me. Come se la via di mezzo fosse un modo per risolvere strategicamente la questione o per rimanere nel vago. Che cosa sarebbe questa via di mezzo poi? Nessuno di noi lo sa con certezza ed è forse il concetto più sfuggente che ci capita di affrontare quando facciamo Mindfulness
La via di mezzo
Menzionare la via di mezzo è rischioso, perché siamo tutti molto affamati di soluzioni, di certezze e di modi per risolvere definitivamente le nostre difficoltà. Sembra che questo sia un modo per rassegnare le dimissioni da un cammino di ricerca, un fermarsi a metà senza aver ottenuto nulla. Un po’ come gettare la spugna, una non-risposta. E allora, che roba è la Mindfulness se non mi consegna – chiavi in mano – la “soluzione”? È una fregatura? Anche qui: siamo tutti molto preoccupati di non farci fregare, di non passare per illusi (e poi delusi), di non fare brutta figura…
Eppure la via di mezzo ha qualcosa di molto saggio da raccontarci, qualcosa di tenero anche, e di sicuro di molto realistico.
Secondo la tradizione
Secondo le tradizioni sapienziali orientali (il buddhismo in primis) la Via di Mezzo è la realizzazione della non dualità, ovvero la possibilità di trascendere il giudizio (l’ego) che ci porta sempre o di qua o di là, verso destra o sinistra, e che ci convince che le cose così come sono, sono sbagliate – e che dobbiamo correggerle.
Secondo una delle mie letture preferite, la monaca buddhista Pema Chodron, stare nel “non conosciuto” ci permette di andare oltre le coppie di opposti: piacere e dolore, guadagno e perdita, fama e disonore, complimenti e rimproveri – che sono ciò che ci tiene bloccati nella sofferenza. Finché ci sono gli opposti viviamo in una realtà impoverita, un mondo di speranza e paura dove “dobbiamo sempre cambiare canale, cambiare temperatura, cambiare musica perché c’è qualcosa che sta diventando scomodo, che sta iniziando a dare segni di nervosismo, che comincia a fare male, e noi continuiamo a cercare le alternative”.
Per scoprire ad un certo punto che di fatto, siamo sempre nel non conosciuto, non c’è un minuto, un secondo in cui noi sappiamo che cosa sarà davvero, come davvero andrà a finire, ma ci illudiamo del contrario. Siamo dei senzatetto, fortunati quando ne abbiamo uno che ci protegge dal caldo e dal freddo e contiene le nostre cose, ma fondamentalmente siamo così: sempre in divenire. Quando ce ne rendiamo conto, questa cosa può spiazzarci del tutto, oppure può calmarci, può diventare un modo per avvicinarci di più a chi siamo veramente, senza filtri. E a questo proposito, voglio raccontarti quello che accade a me…
Per farti un esempio
In questo momento della mia vita sto cercando di cambiare casa. Ho fatto tutto quello che andava fatto, ho interpellato un’agenzia per esempio, ho letto e mi sono informata, ho chiamato la banca e ho parlato con una serie di persone. Non senza una certa preoccupazione, perché non sono un’esperta di queste cose, sono poco “strategica” e d’altra parte mi sono detta che questo era (ed è) il momento giusto per fare la scelta. Se non ora, quando? Dal momento che ho preso la decisione sono passati diversi mesi. E sto vivendo in un tempo sospeso, in cui ancora non è accaduto quello che vorrei accadesse. Non so ancora cosa succederà; nel frattempo ho individuato la casa nuova che farebbe per me, ma non mi è possibile comprarla e questo mi procura un senso di grande frustrazione, faccio paragoni con chi ha venduto subito casa sua e ne ha trovata un’altra bellissima e disponibile; mi deprimo per non essere quella persona; mi arrabbio con chi mi sembra non stia facendo il suo dovere per aiutarmi; a volte dormo poco e male perché i pensieri mi tormentano; ad un certo punto mi dico che non ci riuscirò MAI e mi offendo a morte se qualcuno mi dice che forse “sono destinata a rimanere lì dove sono”. Ti è mai successa una cosa analoga? …Ecco un bell’esempio di incapacità di stare nella via di mezzo!
Eppure le cose stanno così: non sempre le porte sono aperte per farci passare e raggiungere ciò che desideriamo (una casa nuova, un lavoro soddisfacente, delle relazioni migliori, una salute più ferma, una sicurezza economica, una società più giusta, un mondo meno intossicato, eccetera); ma è proprio in questo non sapere, in questo stare nella via di mezzo, che ci possiamo esercitare a non attaccarci alla paura e alla speranza che le cose siano diverse. Perché non sono tanto le cose che accadono in sé a farci soffrire, ma è la nostra paura/ speranza che siano diverse, a infliggerci una sofferenza maggiore.Nec spe nec metu, dice un motto latino – il motto di Isabella d’Este – né con paura né con speranza. Per “speranza” qui non si intende che non dobbiamo sperare, desiderare un cambiamento o che dobbiamo rimanere a braccia conserte di fronte alle difficoltà della nostra vita; significa che possiamo avere fiducia che le cose cambino (e lo faranno senz’altro, con o senza il nostro permesso), mentre continuare ad attaccarci alla speranza (che è l’ultima a morire), forse è un po’ più rischioso per la nostra felicità e il nostro equilibrio.
Dunque, come possiamo arrenderci e cominciare davvero ad ascoltare e imparare dalla realtà in un modo nuovo? Come possiamo abbracciare ciò che non sappiamo con maggiore fiducia e apertura? E se non fosse così terribile incontrare ciò che non conosciamo?
13 Aprile 2019 at 7:58
Ad esempio, come avrei potuto sapere che questa mattina al risveglio avrei trovato questo blog che mi diceva le parole di cui ho tanto bisogno in questo momento?
Aspettare, ahia come è difficile
Capire che nn agire nn è arrendersi, ahia come è difficile
Eppure sta mattina è arrivato un incoraggiamento inaspettato e super super opportuno
Guarda che faccia sorridente mi ritirovo adesso
Grazie Elisa
13 Aprile 2019 at 20:30
Rita cara, sei la stessa cosa per me, grazie!