Cosa posso fare quando gli altri mi feriscono?

Questo post è diverso dal solito: è uno scambio di idee e parte da una mail inviata da una partecipante ai miei corsi di Mindfulness. Siccome mi sembra molto interessante, ho deciso (con il suo consenso) di pubblicarla in questo spazio. 

Le domande che mi fanno le persone che partecipano ai corsi sono sempre molto importanti per me per ricalibrare i temi e le modalità degli incontri; per chi partecipa può essere interessante per chiarire – o semplicemente aprire – una questione…

Ma ecco la domanda.

Ciao Elisa,
ti sto scrivendo a caldo ma in modo lucido (la mattina è cominciata in salita).
Mi chiedevo: se con tutta la gentilezza quella vera che viene da dentro, che non ha secondi fini, che non proviene da calcoli, non riesco a smuovere nulla, nemmeno di un millimetro l’altrui atteggiamento irrispettoso e maleducato, allora ho perso?!

Di fronte a questo mi sento scoraggiata, amareggiata e non vedo come noi possiamo riuscire a “influenzare” (passami il termine) gli altri e fare uscire la loro capacità di amare e di essere gentili (sono convinta che ci sia in tutti, ma a volte sembra racchiusa da un guscio di platino impossibile da scalfire).

Non che io possa cambiare gli altri ma se cambia il mio atteggiamento, a volte cambia pure, di risposta, quello della persona con cui mi rapporto.
Sì, quando io sono o faccio qualcosa di gentile e carino mi sento bene, ma quando non c’è un accenno di risposta resto spiazzata, (colpa delle aspettative?!).  Anche se non è per avere un ritorno capisco che dentro, in fondo, le aspettative ci sono 🙁
Spero di riuscire un giorno ad allontanare tali concetti e prendere le cose così come sono aspettando con il tempo e la perseveranza di vedere se qualcosa cambia.

Avevo bisogno di condividere e di riflettere su questo.
Grazie.
Buona giornata,
A


Mail di risposta:

A, i tuoi insegnamenti sono come oro!
Grazie delle cose (tante) che stai facendo per me e per il gruppo di praticanti.
Per esempio: questa è una domanda fondamentale da porsi, e mentre tu la fai a me, io stessa posso chiedermi e vedere che risposta emerge…
Le domande sono la porta d’ingresso per il cambiamento, ancor più delle risposte. Perciò grazie!

Ci sono tante cose che si possono dire attorno alla nostra buona intenzione che non viene colta dagli altri (apparentemente) o che gli altri calpestano senza tanto pensarci su (apparentemente).

Una delle tante cose da dire è che la gentilezza quella vera che viene da dentro, che non ha secondi fini come dici tu, la dobbiamo prima di tutto nei confronti di noi stessi. Questo significa che se sappiamo di trovarci di fronte a una persona “tossica”, nei limiti delle nostre possibilità, proviamo a salvarci dal veleno. Senza bisogno di attaccare o di rinchiuderci in un guscio protettivo, ma sapendo che potremmo avere dei momenti complicati, proviamo ad affrontarli nella posizione della meditazione: schiena dritta, spalle aperte ma morbide. Presenti e aperti, flessibili ma radicati. Ogni volta sarà diverso, ma la pratica ci viene in aiuto nello stare senza scappare (o attaccare).

Per quanto riguarda le aspettative, devo dire che sono sempre molto umane. È comprensibile che speriamo sempre avvenga negli altri un cambiamento verso la gentilezza reciproca, l’ascolto e la comprensione. Rimaniamo delusi quando questo non succede, ma voglio dirti che dal momento che tu agisci dal cuore, dal centro di te stessa, un centro calmo e limpido, sappi che questo cambia tutte le cose. Le cambia per te prima di tutto… e pazienza se sembra che l’altra persona non abbia capito nulla, se continua ad essere maleducata e offensiva. Se digrigna i denti o ruggisce.
Il passo che hai fatto tu cambia le cose per sempre: il tuo contributo è registrato e non va mai perduto. A volte gli altri ci mettono vite intere per comprendere e può darsi che noi non saremo testimoni del loro cambiamento. Ma la fiducia va oltre le piccole sconfitte di oggi, perché il tuo cambiamento trasforma inevitabilmente anche tutto quello che ti circonda. Forse poco alla volta – mentre vorremmo fosse più veloce – ma tu rimani salda!

In ultimo, quando succedono situazioni spiacevoli o difficili con qualcuno, forse potremmo chiederci: non è che anche io potrei fare la stessa cosa che sta facendo quella persona irrispettosa e maleducata, che adesso mi sta ferendo? Non è che in passato io mi sia comportata in modo simile, magari ad un grado minore certo, ma fondamentalmente nello stesso modo? Questo per allenarci a non sentirci superiori agli altri, a non separare il nostro comportamento da quello che vediamo assumere dagli altri, perché anche io sono (o posso essere stata o magari lo sarò) maleducata e irrispettosa.
Questo dovrebbe aiutarci a ridimensionare lo strappo del nostro “io-mio” che pretende a volte un certo comportamento e rimane deluso quando questo non si realizza.

E per finire, come ci dicevamo ieri sera all’incontro del martedì, non è realistico pretendere da noi stessi di non sentire delusione, rabbia e desiderio di rivalsa. La cosa importante è che riusciamo, sempre più facilmente e con sempre minore sforzo, a tornare al centro di noi stessi, al centro del nostro sé, dove ricaricarci e vivere una vita sana e integra. 

Dimmi se qualcosa ti risuona.
Un abbraccio
elisa

Gentilezza – di Naomi Shihab Nye
Prima di sapere davvero cosa sia la gentilezza
devi perdere le cose,
sentire il futuro dissolversi in un attimo,
come sale in un brodo allungato.
Quello che avevi in mano,
su cui contavi, che conservavi con cura,
tutto deve andarsene, in modo che tu sappia
quanto possa essere desolato il panorama
fra le regioni della gentilezza.

E viaggi e viaggi,
pensi che il bus non si fermerà mai,
che i passeggeri che mangiano pollo e mai
fisseranno per sempre fuori dal finestrino. 

Prima di imparare il tenero peso della gentilezza
devi viaggiare fin dove l’indiano nel poncho bianco
giace morto lungo la strada.
Devi capire che potresti essere tu,
che anche lui era qualcuno
che viaggiava nella notte, con solo i progetti
e il respiro a tenerlo in vita. 

Prima di conoscere la gentilezza come la cosa più profonda che hai dentro,
devi conoscere il dolore, l’altra cosa più profonda.
Devi svegliarti nel dolore,
devi parlargli finché la tua voce
non catturerà i fili di tutti i dolori
e vedrai di che misura è la veste. 

Allora, resta solo la gentilezza ad avere un senso,
solo la gentilezza che ti allaccia le scarpe
e ti manda fuori nel mondo a spedire lettere, a comprare il pane,
solo la gentilezza che, tra la folla del mondo,
alza la testa e dice:
“Sono io quella che cercavi”
e poi ti accompagna ovunque,
come un’ombra o un amico.