Un post sul perdono, che è una scelta a volte così difficile… eppure così liberatoria!
Riuscire a perdonare, o a perdonarsi, poter lasciare andare le pretese e le accuse rivolte a noi stessi o a un altro, “colpevole” di averci trattati male, di non averci amati e rispettati…
Oltre ad “ama il prossimo tuo come te stesso”, il comandamento dell’Amore cristiano potrebbe forse aggiungere anche “perdona il prossimo tuo come te stesso”, perché perdonare è uguale ad amare.
E se ricordiamo, nel vangelo di Matteo c’è un dialogo tra Pietro e Gesù in cui uno chiede all’altro: Signore quante volte dovrò perdonare mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli risponde: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette».
Ma perdonare – una volta o settanta – non è così facile: rimaniamo impigliati nei pensieri che odiano e l’odio o il risentimento ci tengono occupati; magari così ci sentiamo meno soli, più impegnati a cercare giustizia, in nome di un amore che stiamo calpestando noi per primi: quello per noi stessi.
Ma se scopriamo che stiamo coltivando questo meccanismo interno, non ha senso farsene una colpa; piuttosto invece potremmo rifletterci su e decidere per un allenamento alla consapevolezza e a lasciare andare anche questo doloroso laccio, quello del risentimento.
Perché credo che spesso confondiamo la giustizia (il bisogno di giustizia) con il desiderio di vendetta. L’emozione tossica che ci spinge a desiderare che l’altro soffra al posto nostro, che si renda conto del male che ha fatto e ci chieda scusa.
Purtroppo però questo non accade quasi mai! A volte la persona nei confronti della quale desideriamo rivalerci non si è proprio accorta del male che stava facendo, oppure quella persona non c’è più – o non possiamo più parlarle.
Non si fanno sconti!
Non si tratta di un atteggiamento di chi fa lo “sconto” ad un altro: ti faccio lo sconto anche se non te lo meriti per niente… si tratta piuttosto di riconoscere il proprio valore, l’importanza della propria felicità, del proprio equilibrio e della possibilità di ricominciare a camminare liberi da condizionamenti.
Ci vuole un po’ di tempo forse, non è un processo immediato. Anche qui: ci piacerebbe pensare che, dal momento che decido di voler perdonare, poi il perdono si realizza. Credo invece – anche per esperienza personale – che sia un processo lento in cui smettiamo di concentrarci sull’altro (e sulle sue vere o presunte “cattiverie”) per rivolgerci al nostro bene.
Smettiamo di concentrarci su qualcuno là fuori da noi, che magari non sa o non ricorda nemmeno più quel che ha detto e fatto – o prova a giustificarlo e dimenticarlo, per rivolgerci verso la sola persona che può davvero fare qualcosa per se stessa: noi.
Un po’ come quando facciamo pratica di Mindfulness: ci concentriamo sul respiro, per esempio, per sentirlo e assaporarlo, ma poi subentrano dei pensieri… allora ci accorgiamo che ci siamo distratti per rincorrere le nostre idee, opinioni, speranze e desideri e ritorniamo al respiro. Ritorniamo a noi. Semplicemente proviamo a lasciare andare i pensieri (di ingiustizia subita e di desiderio di punizione) per tornare al presente, che è nel respiro. Con un po’ di training riusciamo gradualmente a calmare la mente che si agita attorno ad una idea; quando la mente è più calma riesce a discernere meglio e a vedere con più chiarezza ciò per cui vale davvero la pena di vivere: la nostra interezza e l’equilibrio. La sanità mentale e la gentilezza nei nostri stessi confronti.
Non è dunque un atteggiamento di nostra superiorità o di disprezzo per l’altro che ci libera dall’odio e ci conduce al perdono; ma piuttosto un alleggerirsi del carico di pensieri ossessivi attorno a chi ci dovrebbe chiedere scusa per ritornare a prenderci davvero cura di noi stessi, liberando l’altro.
Ti perdono se tu…
A volte siamo tentati di perdonare a delle condizioni: se tu mi chiedi scusa, io ti perdono. Basterebbe solo una tua parola dispiaciuta nei miei confronti e … cerchiamo un modo insomma per barattare la nostra felicità.
Anche qui, temo che non funzioni: prima di tutto l’altro può non aver capito di averci feriti (quante volte anche a noi è successo di non accorgerci veramente delle conseguenze di ciò che abbiamo fatto o detto?); oppure semplicemente non ha nessuna intenzione di chiedere scusa! Pensa di avere delle ragioni valide per fare quello che ha fatto o preferisce stare sulla difensiva. Vallo a sapere! Per quanto ci sforziamo, a volte è impossibile capire tutto o analizzare ogni cosa come vorremmo; mentre rimanere attaccati ai ragionamenti attorno al comportamento di qualcun altro non fa che aumentare il nostro senso di impotenza, frustrazione e impedire la nostra libertà.
E se usassimo quello stesso senso di impotenza e frustrazione – che hanno in sé una buona dose di energia propulsiva – per fare davvero qualcosa di utile per la nostra unica e preziosa vita?
Sbrogliare la matassa
Forse allora potremmo prendere il coraggio a due mani e smettere di rimuginare sul passato, smettere di alimentare il desiderio di un presente che non esiste e liberare così il futuro, che può ancora essere più leggero e luminoso. E dipende solo da noi, da nessun’altra condizione esterna, da nessuna ammissione di colpa più o meno spontanea, da nulla, se non dal nostro bene per noi stessi.
A volte quello che ci blocca è la paura che perdonando poi ci sentiremo stupidi e vulnerabili. Oppure temiamo che la persona che stiamo perdonando se ne approfitterà.
Di fatto queste resistenze sono piccole trappole che ci impediscono di liberarci dalla dipendenza dalla rabbia o dal senso di colpa. Come sempre le emozioni difficili giocano un ruolo da protagoniste negli equilibri così delicati della nostra vita. E paradossalmente, anche se ci fanno soffrire, più le viviamo, più diventiamo familiari con loro, più ci attacchiamo a quel modo di vivere – magari nevrotico o depresso – giustificandolo in mille modi. Per non abbandonarlo, per paura di una vita nuova, che è ancora sconosciuta e che può farci paura…
Esistono anche una serie di pratiche di meditazione specifiche sul perdono, che ci aiutano a rifocalizzare la nostra energia assorbita nella sofferenza e a liberarla – per restituirla alla gioia e ad una vita meno condizionata.
1 Agosto 2019 at 20:21
Cara Elisa , che argomento spigoloso ma fondamentale per arrivare a star bene. Tutti noi che siamo prima di ogni altra cosa intolleranti nei nostri confronti.
Grazie di cuore
1 Agosto 2019 at 20:39
ciao Rita! Allora il perdono è un dono da fare prima di tutto a noi stessi, visto che è così difficile concedercelo… Grazie che sei passata per ricordarcelo, un abbraccio
e.