I particolari fanno la differenza: sulla postura e sui “rituali” della meditazione

Una introduzione sul significato di stare seduti, sulla posizione che prendiamo durante la meditazione, sul togliersi le scarpe e sul chiudere gli occhi. Piccoli rituali di grande importanza.

Mi ricordo che anni fa, quando mi sono decisa a dedicare un po’ di tempo alla meditazione, andavo in giro per la rete cercando informazioni. Volevo capire come si stesse seduti in modo corretto durante la pratica. Se ci fossero delle regole precise che bisognava rispettare per meditare o degli atteggiamente sbagliati da evitare.
Avevo alle spalle lo yoga, certo, ma sapevo che non era esattamente la stessa cosa e quindi ero preoccupata di capire bene come si dovesse fare.
Bè, quando si è all’inizio si ha paura di sbagliare, e magari fare brutta figura! Fa parte dei possibili pensieri che tutti noi abbiamo sperimentato in un modo o nell’altro.
Poi, tra lettura e pratica ho piano piano messo a fuoco un po’ di elementi che servono davvero quando ci si siede a fare Mindfulness.

Creare spazio fuori e scegliere un posto adatto

Prima di sedersi a fare pratica (paradossale, no? L’idea di fare pratica senza fare “pratica”) secondo me è importante trovare il posto giusto. E se non c’è un posto veramente “giusto” – cosa abbastanza normale per la pratica come per la vita – allora è bello crearselo. Invitarlo nella nostra vita. Fare spazio allo spazio.
Trovare un angolo di casa in cui potersi sedere in pace, o anche meglio, trovare uno spazio esterno dove poter godere di un po’ di silenzio, luce, suoni della natura.
Nella mia esperienza fa una certa differenza sedersi dentro casa o all’esterno: entrambe le soluzioni hanno pro e contro, ma vale la pena provare per capire meglio come siamo fatti, le nostre preferenze e le nostre avversioni a questo o quel particolare, giusto per la curiosità di osservare le nostre reazioni.
Detto questo, e ammesso che ci troviamo in una stanza, cerchiamoci un angolo tutto per noi. Che piano piano diventi il nostro angolo della meditazione, dove sappiamo che lì si stacca la spina e ci si dedica a noi stessi. Un luogo in cui, come in un piccolo rituale, ci accomodiamo sul cuscino della pratica. Per me per esempio, è il mio studio la mia Quiet room. Che ormai è diventato come un “santuario” tanto mi ci sento a mio agio, protetta e accolta.
Ma parlerò in un post specifico dell’ambiente di pratica; ora vorrei invece raccontare qualcosa sulla postura…

Creare uno spazio dentro di noi attraverso il corpo

La posizione seduta a gambe incrociate è la più tradizionale per la meditazione di consapevolezza di radice orientale. Anche la Mindfulness, nonostante venga dagli Stati Uniti, ci consiglia di sederci a gambe incrociate sul cuscino da meditazione. Ma aggiunge che, se per noi non è abbastanza confortevole (e l’idea è quella di stare comodi), ci si può sedere su un panchetto da meditazione – per noi in genere molto comodo – o su una sedia.
Ci sono persino varianti più creative, come la posizione dell’astronauta (!) in cui ci stendiamo a terra supini e appoggiamo i polpacci sulla seduta di una sedia. Chi ha mal di schiena e non può stare seduto, può provare così, o sdraiato del tutto su una superficie non troppo soffice.
Provando le varie possibilità, ci si rende facilmente conto di quale sia la nostra posizione preferita. Che magari cambia nel tempo, in base alle condizioni in cui ci troviamo di volta in volta. Io sto abbastanza comoda seduta sul cuscino, ancor meglio sul panchetto di legno. Ma a volte sto sulla sedia: non c’è una seduta giusta o sbagliata, non ci facciamo condizionare dalle idee su come si dovrebbe essere per essere ok; c’è la mia posizione di questo momento; e con il tempo si impara ad ascoltare e rispettare il corpo e le sue esigenze, nelle particolari condizioni che stanno vivendo, di salute, malattia, energia, fatica.

Con la schiena dritta di fronte al mondo

Uno degli elementi più importanti durante la pratica, è tenere la schiena dritta.
Dritta come l’albero della vita, come il pilastro dell’universo, stabile come una montagna, ben radicata dall’osso sacro alla cima del capo.
Se qualcuno mi osservasse dall’esterno, dovrebbe vedere una persona seduta come un re o una regina (un re e una regina ben investiti dei loro ruoli!). Qualcuno che ha preso il suo posto nel mondo e ne è fiero. Qualcuno che non ha paura di starci lì e che ci si trova a proprio agio. Che si è preso la responsabilità della sua posizione, e gli piace. Quindi dritti, ma non rigidi.
Se il nostro corpo si abitua a stare in questa posizione, piano piano anche la nostra mente si abitua a stare dritta e aperta di fronte a se stessa. E le nostre emozioni accolgono questa decisione. C’è tutto un sistema molto semplice e insieme meravigliosamente complesso di rispecchiamento tra ciò che viviamo nel corpo, nella mente e nelle emozioni, che è la ragione per cui non si fa pratica di Mindfulness stravaccati o ingobbiti!
Parentesi: quando lo spiego e lo mostro ai ragazzi durante le lezioni di Mindfulness a scuola, in genere si ride un sacco!
Comunque, spalle coraggiosamente aperte, schiena risolutamente dritta. All’inizio un po’ faticoso, si tende a scivolare in qualcosa di più storto; ma poi si scoprono piano piano i vantaggi di stare seduti così: il respiro circola meglio, i pensieri ristagnano meno, ci sentiamo più sicuri e positivi.

E come devo tenere il viso?

Sembra scontato, ma il viso – anche a occhi chiusi o semichiusi – continua a rappresentare l’espressione del nostro stato interiore. Se per esempio siamo preoccupati o dubbiosi, il viso lo esprime. Fantastico, una buona occasione per renderci conto di come il nostro viso comunichi anche in questa situazione. Non per eliminare le piccole rughe della fronte o per indurre un rilassamento forzato della nostra espressione, ma semplicemente per notarlo.
E quando l’abbiamo notato, forse possiamo provare ad accennare un sorriso, tanto non ci vede nessuno, coraggio!
Se cammino per la strada e ho un’espressione sorridente – e se magari mi scappa perfino di salutare qualcuno – fa molta differenza su come io affronto le cose che mi accadono. Non per essere forzatamente “positivi” (se la giornata è difficile e io mi impongo di essere Mr. Smile, non farà molta differenza, anzi forse sarà frustrante), ma per vedere se cambia qualcosa dentro e fuori di noi quando siamo disponibili a sorridere.
E quando lo siamo, tutto l’universo se ne accorge, a cominciare da noi stessi.

* Qui un breve video sul modo di cercare una postura corretta nella Mindfulness