Guidavo verso casa dei miei, a Natale. Stavo andando a pranzo; come quasi tutti per le feste ero diretta verso una giornata in famiglia. Certo, ci sono persone che invece lavorano – ricordo che mio padre, prima di andare in pensione, ha fatto molti anni lavorando su turni in azienda, anche per Natale o per il 31 dicembre – oppure persone che rimangono sole.
Per fare un esempio, il vicino di casa, un signore anziano che vive proprio di fronte a me, era solo, in casa. Gli abbiamo portato un regalino, appoggiato sul davanzale della finestra, mentre scambiavamo due parole, io fuori, lui dentro. Il pacchettino è rimasto tutto il giorno lì dove lo avevo appoggiato. Ci sono persone molto sole dentro, che non sono abituate a ricevere, o dare.
Comunque, guidavo verso casa dei miei e riflettevo su queste feste.
C’è chi le riempie all’inverosimile di cose da fare, da mangiare, da festeggiare. E crea attorno a sé un costante rumore di fondo.
C’è chi vorrebbe che finissero presto, per poter tornare alla “normalità”. C’è chi si isola di proposito, per non sentire.
Tra l’uno e l’altro, una infinita varietà di sfumature personali, tutte legittime, perché tutte in qualche modo rappresentano l’unica risposta al natale che abbiamo dentro di noi.
Eppure il natale che abbiamo dentro è quello che abbiamo praticato (e realizzato) ogni santo giorno dell’anno: le nostre abitudini di pensiero e di comportamento modellano precisamente ciò che faremo il 25 dicembre, il 31 e il resto dei giorni a venire.
Cosa accadrà?
È facile capire cosa accadrà della nostra vita, non ci vuole la palla di cristallo e neppure Paolo Fox. Basta dare uno sguardo onesto a come usiamo il nostro tempo, che valore gli diamo, quanto siamo disposti a dirci la verità o a manipolarla a nostro uso e consumo. A quanto vogliamo bene a noi stessi e alle persone che ci circondano, che sono inestimabili.
Basta osservare come tentiamo di distrarci e di fare finta che le cose non siano lì, come in uno specchio, a mostrarci la strada. Basta vedere come cerchiamo in ogni momento di compensare quello che crediamo che non ci sia: con un’altra cena, un altro regalo, un’altra sigaretta, un’altro messaggio. Tutte cose magnifiche, certo: la cena, il regalo, il messaggio (la sigaretta no!). Ma non sono la soluzione purtroppo, e basta guardarci attorno per capirlo molto facilmente.
Basta osservare a come continuiamo ad aggiungere roba alla nostra vita: hai fatto caso per esempio alle luminarie nelle città? Quest’anno, oltre a quelle che c’erano già l’anno scorso, sono comparse queste enormi stelle comete di luci, piazzate in punti scenografici, sono quasi inconcepibili di per sé, tanto sono smisurate, e anche così non servono a indicare un bel niente…
Perciò ti auguro un buon anno nuovo (e lo auguro allo stesso modo a me stessa); che sia libero da almeno qualcuna delle tue compulsioni a compensare e delle storie che ti racconti; che sia diverso da quello passato, diverso in meglio, ovvero che tu sia in grado di vedere qualcuno dei fili invisibili che ti manovrano e che tu possa tagliarne almeno uno, o tanti. Sicché le tue azioni di corpo, parola e mente siano più autentiche e libere da chi sei sempre stato.
31 Dicembre 2022 at 19:20
Cara Elisa, hai centrato il mio stato d’animo e già per questo ti ringrazio.
Li vedo i fili, le compulsioni, i pensieri ossessivi ma vedo anche gli strumenti che mi hai lasciato con il corso. Sarà un anno di lavoro duro e senza paura, né speranza, (cit.), ma con fiducia e pazienza ne aspetto i frutti, qualunque siano. Grazie e auguri a te
1 Gennaio 2023 at 18:24
cara Elisa, sono sicura che sarà per te un anno di ricchezza. senza paura del tumulto delle emozioni. Ti abbraccio forte, dal primo gennaio in avanti!
2 Gennaio 2023 at 9:23
Grazie Elisa, è un pensiero che condivido e un proposito a cui giro intorno da un po’, di non lasciarmi fagocitare dai ritmi del computer ed essere quindi + disponibile e meno nervosa con quelli che hanno bisogno di me… Che magari hanno Alzheimer
2 Gennaio 2023 at 11:23
ciao Maria, la pressione è tanta ed è umano essere nervosi, sia a causa delle difficoltà degli altri, sia delle proprie. Perciò forse c’è bisogno di alleggerire come si può il proprio carico. Non so in che modo, ma c’è senz’altro un micromodo per volersi bene. Un abbraccio, buon anno, che sia più gentile di quello passato